lunes, 1 de diciembre de 2008

Participación de S.E. Policarpo en el Simposio Internacional Ecuménico de Barcelona

I SACRAMENTI DEL SANTO BATTESIMO  E DELLA SANTA CRESIMA NELLA CHIESA ORTODOSSA

(Barcelona, 1 dicembre 2008)

Carissimi fratelli e sorelle in Cristo,

Ringrazio di cuore la Delegazione per l’Ecumenismo e le Relazioni Interreligiose dell’Arcidiocesi di Barcelona per il fraterno invito di partecipare, sia come relatore che come moderatore, ai lavori del IV Simposio Internazionale Teologico Ecumenico di Barcelona intitolato: “Il Battesimo e la Cresima nelle Confessioni Cristiane”. Un speciale saluto fraterno al Presidente della Delegazione Mons. Jaume González-Agápito Granell, all’Eminentissimo e Reverendissimo Signor Cardinale Lluís Martínez Sistach, Arcivescovo-Metropolita di Barcelona e Gran Cancelliere della Facoltà Teologica di Catalonia e a tutti gli Eminentissimi, Eccellentissimi, Reverendissimi e Illustrissimi partecipanti a questo importante Convegno Internazionale, che ormai è divenuto una cosa istituzionale europea nel settore Teologico-Ecumenico.

Il tema che mi è stato assegnato è: “Il Battesimo e la Cresima nella Chiesa Ortodossa”. Spero di rispondere alle Vostre attese.

1. Introduzione

“Professo un solo battesimo in remissione dei peccati”. Il decimo articolo del Simbolo della Fede ci introduce nel grande capitolo dei Santi Sacramenti della nostra Chiesa, dei quali il primo è il Battesimo.

I mezzi e i canali della Grazia sono i Sacramenti, cioè quelle sacre funzioni con le quali si trasmette all’uomo la Grazia Divina e la forza che lo purifica dal peccato, lo santifica e lo rende giusto davanti a Dio. Sacramenti, con il significato generale del termine, sono anche i sacri dogmi della Chiesa, quelle verità divine e soprannaturali, che restano incomprensibili e misteriose alla mente umana. E’ solo con la fede che l’uomo le rende proprietà della sua anima.

I Sacramenti sono istituiti da Dio e trasmettono all’uomo la Grazia dello Spirito Santo per rinnovarsi e salvarsi. La Grazia Divina si trasmette anche con la Parola di Dio, con la predicazione del Vangelo e la preghiera. Allora l’uomo si illumina e si rafforza nella lotta quotidiana, ma essa è una grazia parziale. La pienezza della Grazia, la Grazia Divina intera e perfetta, si trasmette con i Sacramenti, senza i quali non è possibile per l’uomo la salvezza.
La grazia dei Sacramenti, come l’intero culto cristiano, scorre dal sacrificio sulla Croce del Signore, come dice Sant’Atanasio d’Alessandria, e, particolarmente, dal costato trafitto con la lancia del Salvatore Crocifisso. Questo concetto è ribadito pure da San Cirillo di Gerusalemme e San Giovanni Crisostomo. Il Crisostomo collega esplicitamente l’acqua uscita dal costato del Crocifisso, con il Santo Battesimo e il sangue con la Divina Eucaristia (vd. Athanasios Fragopoulos, I mezzi della Grazia – I Sacramenti, ed. “Tre Gerarchi”, pp. 14-24). Infatti, nella Tradizione e nella prassi della Chiesa di Cristo non esiste una separazione tra Battesimo ed Eucaristia, che con la Santa Cresima costituiscono l’“iniziazione” cristiana chiamata unicamente Sacramento della Santa Illuminazione.

I Sacramenti sono queste forze divine con le quali la Chiesa purifica l’uomo dal peccato, lo libera dal peso della maledizione e della colpa, gli concede il perdono dei peccati, lo nutre spiritualmente e lo edifica nella vita santa dello Spirito. E poiché l’uomo è composto da due elementi, lo spirito e la materia, l’anima invisibile e il corpo visibile, anche i Santi Sacramenti hanno l’elemento invisibile e quello visibile. Invisibile è quello che non si vede, cioè la Grazia Divina, mentre visibile è ciò che si vede e sente l’uomo durante la celebrazione del Sacramento, come, ad esempio, nel Battesimo i dati visibili sono l’acqua, la triplice immersione e l’olio e nella Cresima l’unzione con il Santo Miro. Dunque, dentro le cose visibili e sensibili si nascondono quelle invisibili e soprannaturali, le divine e spirituali, la Grazia stessa che santifica, lo Spirito che illumina, salva e rinnova. Così le cose visibili e sensibili diventano i sacri canali della Grazia e della Forza Divina.

2. Il Sacramento del Battesimo

Il Santo Battesimo è il primo sacramento, senza il quale l’uomo non riceve la Grazia Divina e non diventa uomo di Dio, perciò è obbligatorio per ogni uomo e, particolarmente, per il cristiano. Con il Battesimo il cristiano rinasce una volta per sempre, perciò il sacramento non è ripetibile. E’ stato istituito dallo stesso Figlio di Dio “incarnato per noi uomini e per la nostra salvezza” Gesù Cristo. E’ stato istituito con “opere e parole”. Con le “opere” quando Egli stesso, anche se impeccabile, fu battezzato nel Giordano, mostrando a noi peccatori il modo e la necessità di essere battezzati. Con le “parole” quando ha dato l’ordine ai Suoi Santi Discepoli e Apostoli dopo la Sua Resurrezione: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt 28, 19) e ancora: “Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16, 15-16). Il sacramento del Battesimo, dunque, l’ha istituito il Signore stesso, l’hanno praticato gli Apostoli e l’hanno trasmesso alla Chiesa che l’ha ricevuto e lo custodisce senza modifiche.
Come si amministra il Battesimo? Dopo che il futuro battezzato viene catechizzato, confesserà la vera fede e verrà unto con l’olio benedetto, viene battezzato, cioè immerso tre volte nell’acqua santificata della Santa Fonte “nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”, come ha ordinato il Signore. Qui bisogna dire che la parola greca “battezzo” (βαπτίζω), significa immergo totalmente dentro l’acqua. Questa immersione triplice, come ufficialmente viene detta e viene praticata durante il Santo Battesimo nella Chiesa Ortodossa, costituisce la più importante parte del sacramento.

Che cosa succede durante il Battesimo? Nel Santo Battesimo avviene una morte e una resurrezione, una nascita, o meglio una rinascita. In primo luogo una morte, perciò il battezzato deve essere immerso totalmente nell’acqua santificata della Santa Fonte. Questa immersione simbolizza la morte del vecchio uomo. Si mortifica, è sepolto nella Santa Fonte, muore l’uomo peccatore. La conseguenza del peccato originale fugge dall’uomo e viene cancellata, liberandolo dal dominio del peccato, nonostante che, dopo il Battesimo, rimanga l’inclinazione verso il male, dal momento che i Sacramenti non operano magicamente. Il battezzato deve lottare con le proprie forze e fare molti sforzi per conservate la sua rinascita battesimale. In ogni modo, dalla Santa Fonte e con la triplice immersione nell’acqua benedetta e santificata, il battezzato ne esce morto, per quanto riguarda il peccato, e rinato nella vita nuova, risuscitato nella vita di Cristo, figlio di Dio, fedele cristiano, membro del Regno di Dio, cioè della Chiesa di Cristo e, di conseguenza, erede del Regno celeste.

L’Apostolo delle Genti, San Paolo, mostra splendidamente la rinascita spirituale dell’uomo dopo il Battesimo, nel sesto capitolo della sua Epistola ai Romani, versetti 3-11, che costituiscono la lettura apostolica che si legge durante la celebrazione del Sacramento. Il vissuto del mistero della Croce e Resurrezione di Cristo, secondo i Santi Padri, è la trasfigurazione e la restaurazione dell’uomo con la partecipazione all’energia illuminatrice e divinizzatrice di Dio. Con il Santo Battesimo la mortalità e la corruttibilità vengono superate. Se la morte del male, la resurrezione del bene, la rinascita, l’adozione, la nuova vita spirituale sono i doni e le grazie del Battesimo, abbiamo tutti l’obbligo di vivere dopo il Sacramento puri e santi, senza nessuna macchia che oscuri la nostra illuminazione.

Il Battesimo si chiama anche ˝φώτισμα˝ (illuminazione), ˝λουτρόν παλιγγενεσίας˝ (bagno di rinascita), ˝μυστικόν λουτρόν˝ (bagno mistico), ˝λουτρόν σωτηρίας˝ (bagno di salvezza), ˝δωρ ζως αωνίου˝ (acqua di vita eterna), ecc. Si chiama “bagno di salvezza”, perché offre la purificazione dell’anima; “bagno di rinascita”, perché riporta l’uomo alla vita innocente paradisiaca prima della caduta, e “illuminazione”, perché l’uomo si illumina passando dalle tenebre del peccato alla luce di Cristo, diventa tutto luce e vita e risplende, in lui, la luce della vita divina. Perciò quanti progredivano nella catechesi ed erano pronti per ricevere il Battesimo si chiamavano, nell’epoca antica, ˝φωτιζόμενοι˝ (illuminati), nome che sentiamo ancora oggi durante il periodo della Santa e Grande Quaresima quando si celebra la Divina Liturgia dei Doni Presantificati.

3. Il Sacramento della Cresima

Il neo-illuminato uscendo dalla Santa Fonte battesimale, nella quale ha ricevuto “la beata purificazione”, riceve in seguito “la divina santificazione tramite la Cresima vivificante”, per usare le parole della preghiera speciale del Sacramento della Santa Cresima. Il sacerdote gli unge con il Santo Miro la fronte, la bocca, gli occhi, gli orecchi, il petto nella parte del cuore, le mani, i piedi e la spala. Nella Chiesa antica non si faceva così, ma “imponevano (gli Apostoli) le loro mani sulla testa (dei battezzati) e ricevevano lo Spirito Santo” (At 8, 17). Durante il 2° secolo abbiamo l’unzione dopo il Battesimo e l’abolizione della pratica liturgica della imposizione delle mani (vd. Georgios Filias, Il Sacramento della Cresima, in “Studi storico-teologici sul culto ortodosso”, ed. Grigoris, 2002, p. 47).

Dalla preghiera speciale della Santa Cresima si comprende che durante l’amministrazione del Sacramento succedono eventi prodigiosi, conseguenza della discesa dello Spirito Santo sul battezzato. Si realizza la profezia dell’Antico Testamento: “Dopo questo, io effonderò il mio spirito sopra ogni uomo” (Gl 3, 1). Succede una reale discesa dello Spirito Santo come esattamente è successo il giorno della Pentecoste: “A chi è stato santificato con la sacrissima cerimonia della divina nascita (battesimo), la unzione con il miro dona la illuminazione del divinissimo Spirito” (Dionigi Areopagita, Sulla gerarchia ecclesiastica, IV, 3, 11, introduzione – traduzione – annotazioni Ignatios Sakalis, ed. Pournaras, 1985, p. 103). Il Sacramento, e soprattutto la sua cattolicità per tutti i fedeli, viene sottolineata anche nella profezia di Isaia: “Il Signore degli eserciti preparerà su questo monte un banchetto di grasse vivande per tutti i popoli, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati. Egli strapperà su questo monte il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti” (Is 25, 6-7). Il monte è la nuova Sion, la Chiesa, il banchetto dei cibi e vini è la Divina Eucaristia e con la Santa Cresima vengono strappati il “velo” e la “coltre”.

La preghiera della Santa Cresima la incontriamo nel più antico Euchologio manoscritto, il codice Barberino 336 del 8° secolo ed è la stessa che si trova nel Euchologio in uso odierno. Secondo la testimonianza del codice Barberino 336 l’unzione con il Santo Miro non si faceva subito dopo il Battesimo, ma dopo la investitura bianca e prima della solenne entrata nel tempio per partecipare alla Divina Liturgia battesimale e comunicare dei Misteri immacolati. Nella Chiesa antica – prassi che si conserva fin oggi nella Chiesa Ortodossa – esiste una inseparabile unità tra i tre Sacramenti: Battesimo, Cresima, Eucaristia. Tertilliano, riguardo l’inseparabile dei tre Sacramenti che introduco alla vita in Cristo, dice: “Sigilla l’acqua, investe lo Spirito Santo e completa l’Eucaristia” (De praescriptione haereticorum XL, 4 CCSL, vol. 1, p. 220).

Con il Santo Miro il cristiano diventa profeta, sacerdote e re (vd. Germano di Costantinopoli, P.G. 98, 385). “Diventa profeta perché vede i misteri che l’occhio non ha visto e l’orecchio non ha sentito; diventa sacerdote, perché deve offrire se stesso come un sacrificio vivente, santo e compiacente a Dio, e re perché diventa dominatore delle passioni, figlio di Dio Re dell’universo ed erede del Regno celeste” (Konstantinos Kallinikos, Il tempio cristiano e tutto ciò che si celebra in esso, Atene 1969, ed. n. 4, p. 396).

Secondo San Cirillo di Gerusalemme ricevendo la Santa Cresima veniamo chiamati cristiani: “Ricevendo la cresima, venite chiamati cristiani, verificando così la rinascita e il nome” (Catechesi mistagogiche 3, 5 P.G. 33, 1092). Dopo il Battesimo il vescovo o il presbitero unge con il Santo Miro il battezzato. Questa unzione non si chiama celebrazione del Sacramento, ma trasmissione, amministrazione. Appunto, perché non abbiamo in questo momento una propria celebrazione del Sacramento della Santa Cresima, ma una amministrazione del Santo Miro, durante la quale il celebrante trasmette i carismi, i doni dello Spirito Santo dicendo: “Sigillo del dono dello Spirito Santo. Amen”, frase che ripete per ogni membro unto del corpo. Poeticamente nell’Antico Testamento ciò si esprime con la bellissima frase: “Mettimi come sigillo sul tuo cuore” (Cantico dei Cantici 8, 6).

Un altro modo per capire l’estrema importanza del Sacramento è di comprenderlo come una ordinazione: “Dopo che abbiamo ricevuto la nostra esistenza e nascita spirituale con il battesimo, è naturale acquistare anche l’adeguata energia e movimento. Questa energia e movimento la riceviamo con il sacramento del divinissimo miro. Infatti, il miro attiva le nostre energie spirituali, rafforzando a uno questa, all’altro quella e al terzo più numerose” (Nicola Cavasilas, Sulla vita in Cristo, cap. 3). Con altre parole, quando il battezzato esce dalla Santa Fonte, arriva l’ora della sua ordinazione. Riceve la grazia dello Spirito Santo, in modo di poter operare come laico, essere membro completo del popolo di Dio. “Tutte le ordinazioni nelle basilari strutturali funzioni della Chiesa (laicato, diaconato, presbiterato ed episcopato) prendono luogo dentro la Divina Eucaristia. Il Battesimo e la Cresima, che sono la “ordinazione” dei laici – perché il laico non è come di solito si crede uno non ordinato, ma quello che con il battesimo e la cresima diventa membro ordinario dell’assemblea eucaristica con tutti i diritti e doveri che ciò suggerisce – questi due sacramenti erano uniti con l’Eucaristia nella Chiesa antica e sono incomprensibili senza l’Eucaristia, come anche le ordinazioni” (Metropolita Ioannis di Pergamo, Eucaristia e Regno di Dio, parte III, in “Synaxis”, vol. 52, 1994, pp. 81-97).

Un’altra immagine patristica è quella della consacrazione del tempio: “Il miro perfeziona il battesimo e ci costituisce tempio della Trinità” (Opere di San Simeone di Salonicco, ed. B. Rigopoulos, p. 102). “Tutto l’uomo è divenuto ora tempio di Dio e tutta la sua vita diventa d’ora in poi una Liturgia… L’unico vero tempio di Dio è l’uomo e tramite l’uomo tutto il mondo… Lo Spirito Santo “ha toccato” tutte le cose, tutto il tempo e ha mostrato che tutto è un insieme di pietre preziose di un preziosissimo Tempio” (Protopresbitero Alexander Smeman, Per vivere il mondo, ed. Domos, 1987, p. 112).

Quando succedono la discesa dello Spirito e la ordinazione è evidente che l’uomo non riceve semplicemente un dono da parte dello Spirito Santo, ma lo stesso lo Spirito Santo nella Sua pienezza. “La novità e la unicità di questo Sacramento è che non deporre all’uomo qualche speciale dono dello Spirito Santo, ma lo stesso lo Spirito Santo come donazione… L’incomparabile unicità di questa personale Pentecoste è che riceviamo come donazione ciò che Cristo e solo Cristo possiede secondo natura… In questa Cresima/Unzione di Pentecoste, lo Spirito Santo scende su di noi e dimora dentro di noi come il dono personale di Cristo da parte del Suo Padre, come un dono della Sua vita, della Sua figliolanza e della Sua comunione con Suo Padre” (Protopresbitero Alexander Smeman, Da acqua e Spirito, ed. Domos, 1984, p. 112).

L’uomo è plasmato per possedere lo Spirito Santo. Un sacramento non basta funzionare tipicamente dentro la Chiesa; bisogna funzionare anche, e soprattutto, dentro le coscienze. L’Apostolo Paolo parla dei “frutti” dello Spirito Santo. Ma il frutto presuppone il seme. Quanti di noi ci sentiamo che abbiamo ricevuto, tramite la Santa Cresima, lo Spirito Santo come seme? E perché siamo plasmati per la santità, Dio ci ha offerto i presupposti necessari per diventare santi. Ci ha ordinato/consacrato con lo Spirito Santo. L’autentica nobiltà del cristiano si manifesta in tutta la sua maestosità quando adora Dio e vive dentro la Chiesa come uno ordinato/consacrato: con ringraziamento verso Dio suo padre e responsabilità verso la Chiesa sua madre.

4. Il valore e l’importanza del Sacramento della Santa Illuminazione (Battesimo, Cresima, Eucaristia) per l’uomo moderno

In una società secolarizzata, nella quale il mondo, invece di essere regno di Dio, diventa regno del maligno e l’uomo, invece di essere abitazione di Dio Trino, diventa gioco dei demoni, il Sacramento della Santa Illuminazione aiuta fondamentalmente alla trasfigurazione dell’uomo e al rinnovamento del creato intero. I Sacramenti della “iniziazione cristiana” funzionano ecclesiologicamente, perché mirano all’ecclesializzazione dell’uomo e all’abolizione della secolarizzazione, di questa maledizione dell’essere umano odierno. Se la secolarizzazione è la malattia ontologica dell’uomo, il Sacramento della Santa Illuminazione, quando avviene all’interno dei retti presupposti ecclesiologici, costituisce la guarigione umana e il rinnovamento del mondo.

A questo punto, parlando dei retti presupposti ecclesiologici, vorrei sottolineare due di essi: a) il collegamento tra Fede e Sacramento della Santa Illuminazione; b) il collegamento tra Sacramento della Santa Illuminazione e Comandamenti di Dio.

Nel primo caso, è illuminante la frase di San Basilio il Grande: “La fede e il battesimo sono due modi di salvezza, simili tra di loro e indivisi, perché la fede si perfeziona con il battesimo, mentre il battesimo si fonda sulla fede e così si completano reciprocamente” (Opere di Basilio Magno, Biblioteca dei Padri Greci, vol. 10, p. 350).

Nel secondo caso, vale a dire quello del collegamento tra Santa Illuminazione e Comandamenti, abbiamo l’esplicita dichiarazione del Signore stesso, il Quale dopo l’ordine ai Suoi discepoli di predicare il Vangelo alle genti e di battezzarle nel nome della SS.ma Trinità, ha concluso con la frase: “insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (Mt 28, 20). A questo punto sottolineo la didascalia di San Marco l’Asceta, che dice in merito: “Chi è stato battezzato in modo corretto, ha ricevuto misticamente tutta la grazia. Tuttavia si perfeziona con il compimento dei comandamenti” (Filocalia A’, 115, 62). Come il bambino, con il concepimento e la nascita, ha ricevuto la vita, e questa vita con tutti i suoi carismi si manifesta durante il suo sviluppo corporale, così succede anche con il Sacramento della Santa Illuminazione. La Grazia che riceve l’uomo, si manifesta adeguatamente nell’osservazione dei Comandamenti di Cristo durante tutta la vita. In questo senso i Santi Padri collegano il battesimo dell’acqua con il battesimo dello spirito e, nel medesimo senso, si riferiscono al battesimo di lacrime e al battesimo di sangue. San Gregorio il Teologo parla di cinque battesimi: quello di Mosè “che è formale”; quello di Giovanni Battista “che non è totalmente spirituale”; quello di Cristo “che è la perfezione”; quello del martirio e del sangue “che è tanto più reverendo dagli altri”, e quello delle lacrime “che è il più sofferente” (Opere di Gregorio il Teologo, Biblioteca dei Padri Greci, vol. 5, p. 104).

Per poter osservare la grande importanza del Sacramento della Santa Illuminazione o Iniziazione cristiana in tutta la nostra vita bisogna sottolineare quattro grandi cambiamenti che esso crea:

a) Con il Sacramento del Santo Battesimo l’uomo si trasfigura, cioè si purifica la “immagine”, che fu oscurata con la caduta e si offre la possibilità di camminare verso la “somiglianza”. Questa trasfigurazione, questo cambiamento non è ideologico, simbolico e sentimentale, ma ontologico, perché l’uomo, da individualista ed egoista, con il Battesimo riceve la possibilità di non vivere soltanto per se stesso, ma di essere in comunione armoniosa con Dio e il suo prossimo. San Nicola Cavasilas dice in merito: “Questa è l’opera del battesimo: l’abolizione dei peccati, la riconciliazione dell’uomo con Dio; fare l’uomo Dio; aprire un occhio alle anime; gustare l’universo dei raggi divini; prepararci alla vita futura; far sorgere nelle anime la conoscenza di Dio” (Nicola Cavasilas, ed. “Gregorio Palamas”, Filocalia 22, p. 386).

Come abbiamo già detto, il Battesimo si collega con la Santa Cresima e la Divina Comunione. Il Santo Battesimo comunica l’esistenza in Cristo e l’essere. Dice San Nicola Cavasilas: “Poiché il battesimo dà l’essere e il sussistere totalmente secondo Cristo, quando lo ricevono anche le persone morte e corruttibili, le introduce prima di tutto alla vita” (Nicola Cavasilas, ed. “Gregorio Palamas”, Filocalia 22, p. 278). Con la caduta abbiamo subìto una corruzione cadendo nello stato della mortificazione. Ora ci viene offerto l’essere, un nuovo modo di esistenza: Cristo. Di conseguenza, mentre con il Santo Battesimo riceviamo la nascita, con la Santa Cresima riceviamo – come già abbiamo detto più sopra – il movimento (˝κίνησις˝) e con la Divina Eucaristia la vita. Dice Cavasilas: “Il battesimo è nascita, il miro ha il luogo dell’azione (energia) e del movimento dentro di noi, mentre il pane della vita e il calice dell’eucaristia è cibo e bevanda vera” (op. cit., p. 312). In un altro punto, lo stesso Santo Padre, presentando il valore di questi tre sacramenti, scrive: “Il battesimo dà l’essere… e ricevendolo introduce alla vita; l’unzione con il miro perfeziona il neonato in questa vita deponendogli la dovuta azione (energia), mentre la divina eucaristia conserva e contiene la vita stessa e la salute” (op. cit., p. 278).

Esiste una unione inseparabile tra questi tre sacramenti, e perciò, subito dopo il Battesimo veniamo condotti alla Santa Cresima e alla Divina Comunione, perché questo è lo scopo del Battesimo: incorporarci nella Chiesa, diventare membra del Corpo mistico di Cristo, degni della comunione del Suo santissimo e preziosissimo Corpo e Sangue. Con il Sacramento della Santa Illuminazione l’uomo nasce in una vita nuova, acquista una nuova esistenza, un nuovo modo di vita, esce dalle tenebre e vede la luce, esce dall’ignoranza e porta alla conoscenza di Dio. Questo cambiamento è una realtà sensibile, particolarmente nei battezzati, ma anche negli altri uomini, come dice la Santa Scrittura e commentano i Santi Padri della Chiesa, ad esempio San Simeone il Nuovo Teologo (vd. SC 113, p. 182).

E’ particolarmente importante ciò che dice Sant’Ignazio d’Antiochia sulla vita spirituale dell’uomo, collegata con l’incorporazione nella Chiesa e la comunione con il Corpo e il Sangue di Cristo. Le posizioni ecclesiologiche di Sant’Ignazio il Teoforo offrono la possibilità di vedere la grande importanza e il valore dei tre sacramenti dell’iniziazione cristiana, visto che veniamo battezzati e cresimati per comunicare il Corpo e il Sangue di Cristo.

Secondo Sant’Ignazio, l’uomo non ha vita in se stesso. Soltanto Dio è la vita per eccellenza. Dopo la caduta l’uomo viene imprigionato dal diavolo e dalla morte. Perciò ha bisogno di acquistare la vera vita. Questa liberazione non è realizzabile con dei comandamenti esterni, ma tramite una rinascita e restaurazione dell’uomo, cosa possibile in Cristo Gesù. L’uomo non può vivere da solo, ma in comunione con Dio e, naturalmente, questa vera comunione si compie nell’approvazione della Croce e della Resurrezione di Cristo (vd. Biblioteca dei Padri Greci, ed. “Diaconia Apostolica”, vol. 2, pp. 266 in poi). Cristo ha vinto la morte e il peccato con la Sua Croce e la Sua Resurrezione e, di conseguenza, anche noi dobbiamo partecipare a questo mistero della Croce e della Resurrezione. Ciò si realizza con il Sacramento del Battesimo come commenta l’Apostolo Paolo: “Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova” (Rom 6, 4). Parallelamente ci si deve nutrire con la carne di Cristo per acquistare la vera vita. Dice Sant’Ignazio: “Non mi accontento del cibo corruttibile; neanche con i piaceri di questa vita. Voglio il pane di Dio, il pane celeste, il pane della vita, che è la carne di Gesù Cristo, Figlio di Dio… Come bevanda voglio il Suo sangue, che è amore incorruttibile e vita eterna” (vd. Biblioteca dei Padri Greci, vol. 2, p. 305).

Ciò significa che l’uomo, con la caduta, è stato mortificato sia corporalmente che spiritualmente e, di conseguenza, ora ha bisogno di una nuova rinascita e di una nuova restaurazione. Questa restaurazione non si realizza con dei comandamenti moralistici e dei pensieri ideologici, ma con l’abolizione della morte e la trasfigurazione dell’esistenza psico-somatica, realtà che avviene con l’ingresso nel Corpo di Cristo, la Chiesa, e l’assunzione del vero cibo, ossia la carne e il sangue di Cristo per rendere possibile la partecipazione alla vittoria di Cristo sulla morte. Infatti, come è stato più volte ripetuto, questa partecipazione non è un evento moralistico e intellettuale, ma esistenziale e ontologico.

b) Con il Sacramento della Santa Illuminazione avvengono anche altri cambiamenti, cioè si modificano gli eventi sociali. L’uomo con la sua caduta, considerata come una malattia della natura umana, l’ha trasmessa anche alle istituzioni sociali. L’imposizione di un uomo su un altro uomo, lo sfruttamento dell’uomo dall’uomo, le guerre, le catastrofi, ecc. sono conseguenze della corruzione e della morte, ereditata con il peccato originale. Quando l’uomo si rinnova, si trasfigura, cambiano anche gli eventi sociali, continuando vivere in una società non perfetta, attesa solo (la perfezione) nel secolo futuro.

La storia ecclesiastica conserva molti esempi di cambiamenti sociali, come conseguenza della partecipazione ai Sacramenti e alla vita di Cristo. Il Cristianesimo opera tutti i cambiamenti all’interno della Chiesa. I Cristiani, dopo il Battesimo, liberavano gli schiavi, correggevano le situazioni sociali, vivevano la carità in molteplici modi. Esistono molti esempi nella storia ecclesiastica, nei quali si mostra l’interesse dei Cristiani verso i poveri, le vedove, gli orfani, i prigionieri, i carcerati, gli schiavi, ecc. I Cristiani beneficiavano anche gli idolatri,  come confessa lo stesso Giuliano l’Apostata. Quando venivano battezzati liberavano gli schiavi. Esempio classico è il caso di Erma, prefetto di Roma (119 d.C.), il quale, divenuto cristiano, portò i suoi 1250 schiavi ad essere battezzati e, in seguito, li liberò. Da ciò si dimostra che il Cristianesimo ha operato il più grande cambiamento nella storia. Ciò è avvenuto non con la creazione di sistemi e ideologie, ma con la restaurazione degli uomini per mezzo della Grazia di Dio, che viene offerta nella Chiesa tramite i Santi Misteri.

c) Se l’uomo si trasfigura con la Santa Illuminazione e, in genere, con la vita ecclesiastica che segue a tali Sacramenti e se avvengono dei cambiamenti sociali, ciò significa che accadono pure delle conseguenze cosmiche. In altre parole, anche il creato riceve le conseguenze benefiche della vittoria sulla morte. Poiché la natura non ha volontà propria, ma è stata trascinata dall’uomo alla corruzione, quando l’uomo si trasfigura anche il creato cambia orientamento. L’Apostolo Paolo dice che la natura aspetta con ansia la sua liberazione dalla corruzione: “La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio; essa infatti è stata sottomessa alla caducità – non per suo volere, ma per volere di colui che l’ha sottomessa – e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione, per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio. Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto” (Rom 8, 19-22). Qui sottolineo uno splendido brano di Sant’Isacco il Siro, che indica la restaurazione della natura tramite l’uomo trasfigurato: “L’umile avvicina gli animali selvaggi e, quando questi lo vedono, la loro selvatichezza si tranquillizza, gli si accostano come ad un padrone, gli piegano le loro teste e gli leccano le mani e i piedi, perché hanno avvertito in lui lo stesso profumo emanato da Adamo prima del peccato” (Isacco il Siro, Opere Ascetiche, ed. Rigopoulos, 1997, p. 78).

d) In fine un altro cambiamento visibile che vorrei sottolineare è quello terapeutico. Abbiamo molti esempi – anche oggi soprattutto nelle missioni ortodosse – di catecumeni ammalati che ricevendo la Santa Illuminazione (Battesimo, Cresima, Eucaristia) sono guariti dalle loro malattie, in alcuni casi gravi. Ciò naturalmente non è avvenuto magicamente, solo perché hanno ricevuto i Sacramenti dell’iniziazione cristiana. Sono guariti perché avevano seguito un catecumenato autentico, con fervente fede, molta preghiera, severo e totale digiuno e continua vita cultuale, eccetto naturalmente quella sacramentale. Vi riferisco un caso che ho conosciuto personalmente. Si tratta di una professoressa universitaria americana agnostica, la quale subito dopo che ha ricevuto la Santa Illuminazione si è guarita dall’importante malattia di lupus reumatoide, ma anche dalla sterilità, e tutto ciò è accaduto perché ha seguito un cammino e una vita catechetica che le ha permesso di essere premiata con la guarigione. Ma per rimanere per sempre attivo questo status di guarigione e salute bisogna conservare senza macchia la vestitura bianca della illuminazione, seguendo una vera e autentica vita evangelica e cristiana dentro la Chiesa, che come dice San Giovanni Crisostomo è l’unico ospitale da cui, chi entra, si esce guarito.      

Da tutto ciò si mostra che la Santa Illuminazione non è una semplice cerimonia e neppure una semplice preghiera, ma il Sacramento dell’entrata ufficiale dell’uomo nel Corpo di Cristo. Con questa entrata l’uomo supera la morte e partecipa dell’energia purificatrice, illuminatrice e divinizzatrice di Dio. All’interno di questi presupposti l’illuminato vive la nuova creazione della Chiesa.

5. Conclusione

La Santa Illuminazione con tutto ciò che la precede (la catechesi) e che la segue (la vita evangelica), rinnova l’uomo, lo libera dalla morte e dal diavolo e ha forti conseguenze sociologiche e cosmiche. La Chiesa con i Sacramenti trasfigura l’uomo e rinnova tutto il creato. I Sacramenti sono il lievito che fa fermentare tutta la creazione. Non si tratta di cambiamenti utilitaristi e moralisti, ma di cambiamenti ontologici. Naturalmente, perché la Grazia Divina operi in modo salvifico nel Sacramento della Santa Illuminazione (Battesimo, Cresima, Eucaristia), bisogna che esistono i necessari presupposti ecclesiologici, con i quali si supera la secolarizzazione. Credo che il modo con cui una Chiesa affronta il Sacramento della iniziazione cristiana mostra se è autentica o secolarizzata. Infatti, la grande forza della Grazia nel trasfigurare e rinnovare l’uomo e la creazione intera che viene offerta con la Santa Illuminazione, si effettua quando è in collegamento stretto con tutta la vita ecclesiastica, al di fuori della quale non esiste alcuna possibilità di salvezza.

Grazie!

domingo, 1 de junio de 2008

Coloquio de S.E. Policarpo para ‘Pastoral Ecuménica’


Bartolomé I, por la misericordia de Dios, arzobispo de Constantinopla, nueva Roma, y Patriarca Ecuménico... A todos los devotísimos sacerdotes, a los santos hieromonjes y a todo el clero... fue seleccionado y elegido el Vicario General del Arzobispado de Italia y Malta, Reverendísimo Archimandrita Policarpo Stavrópoulos... elevado como verdadero y canónico Metropolita del Santo Arzobispado de España y Portugal”.

Rezaba así el Acta Patriarcal y Sinodal, leída en la Catedral Greco-Ortodoxa de Madrid, ante Metropolitas y Obispos ortodoxos de toda Europa y ante fieles ortodoxos, católicos y protestantes, que llenaban el recinto, en la tarde del día 16 de junio de 2007. Era el sucesor del arzobispo Epifanio Perialas, primer Metropolita ortodoxo de la historia en España. Naciό Mons. Policarpo en 1963 en Lepanto, lugar de la conocida batalla para los españoles, como señalό en su homilía el joven Metropolita, una verdadera esperanza para la ortodoxia en España y seguro apoyo para el ecumenismo en nuestra naciόn.

El Arzobispo greco-ortodoxo después de señalar que la unión de Europa es sόlo económica y política, acentúa que “este camino hacia la unidad europea ofrece oportunidad común a todos los cristianos del continente para recordar a sus líderes aquellas palabras de Jesús: “No sόlo de pan vive el hombre...”. Para el Arzobispo ortodoxo griego Europa es una realidad cultural con raíces cristianas y grecorromanas. “Los cristianos europeos y sobre todo los jόvanes – dice – han de comprender que la construcción de la unidad europea no puede llegar a buen fin si esos fundamentos, máxime en estos días en que por doquier reina el consumismo, el secularismo y la indiferencia, son únicamente materiales”.

--¿Tienen en cuenta esta situación las Iglesias?

--Las Iglesias europeas han comprendido todo esto y así lo han manifestado en la Asamblea de Sibiu (Rumanía) exponiendo sus iniciativas ante esas amenazas.

Una nueva forma de ser cristianos

--Después de más de ocho meses en España, ¿cómo ve la realidad cristiana en esta naciόn?

--He constatado en estos meses el enorme crecimiento y avance del país, frente a otros países europeos. El mundo entero se mira en el progreso español. Pero todo crecimiento económico y puramente material tiene un precio que paga la Iglesia y ve como se propone la sociedad su cultura de consumismo y relativismo frente a los valores tradicionalmente cristianos.

--¿Es así en España?

--Se paga en España y en toda Europa, Oriental y Occidental, sujeta al canon de ese espejismo de progreso.

--¿Qué repercusiones tiene?

--Hemos pasado del cristianismo de masa a un cristianismo de calidad. Significa que quien quiere ser cristiano lo es por convencimiento y no por tradición, costumbre o porque naciό así.

Provocación ecuménica desde un ecumenismo de base

--¿En qué lugar del ecumenismo sitúa Su Eminencia el puesto de la Iglesia ortodoxa en las presentes circunstancias, cuando el número de ortodoxos ha crecido tan vertiginosamente en los últimos años en España?

--En la Península Ibérica, España y Portugal, actualmente se han establecido algunos millones de ortodoxos. Aproximadamente existen ahora 100 parroquias. Históricamente estas naciones eran unos de los territorios de la Unión Europea que menos conocimiento tenían del cristianismo oriental, de la Ortodoxia.

--Y ¿qué supone esta eclosión para el ecumenismo de estos dos países?

--Esta nutrida presencia lleva de facto a España y Portugal, de mayoría católica, a una provocación ecuménica, como es conocer a estos hermanos que, con su duro trabajo, tanto contribuyen al desarrollo económico de ambos países, y ayudarles, sobre todo, al ejercicio práctico de sus tradiciones culturales y cultuales en su nueva patria.

--Para los emigrantes ortodoxos ¿qué supone?

--Por parte ortodoxa el desafío es triple: primero, conocer el catolicismo romano ibérico, que no tiene nada que ver con el catolicismo del pasado que conservan en la memoria; segundo, mantener su identidad y su integridad eclesial y cultural; tercero, ser un faro para el mundo occidental con tanta sed de espiritualidad.

--¿Cuál sería concretamente el proyecto de la Ortodoxia griega en suelo ibérico?

--Se trata de aplicar un ecumenismo de base, comenzando por el conocimiento y el respeto recíprocos, de mirarse a la cara sin los prejuicios del pasado. El Patriarca Ecuménico Atenágoras consideraba como uno de los grandes factores del Cisma el ignorarse unos a otros.

En la casa común, sentados a la misma mesa

Dado que la Uniόn Europea acerca y unifica a sus distintos pueblo, de manera que contemplamos día a día cosas tan comunes como nuestras ciudades, centros comerciales y culturales, la enseñanza y la salud, Iglesias y instituciones para europeos llegados en incesantes riadas, el Metropolita Policarpo añade:

--El camino sin retorno de la unificación europea lleva a los cristianos europeos a vivir unos en los patios de los otros. Tienen que abrir las puertas y los que están en los patios entrar en las casas de los otros, comprender la cultura y tradiciones de quienes están y de quienes llegan. Así se logra construir la casa común de Europa con su sentido y futuro más humanos.

--En esto, ¿qué sería lo específico de los cristianos?

--Tendríamos que sentarnos a la mesa de los otros y dejar que los otros se sienten a nuestras mesas, para combatir el enemigo común del cristianismo: el indiferentismo y el materialismo.

--España, como país de Occidente, necesita un contexto más espiritual, místico incluso, ¿qué puede ofrecerle ahora la Iglesia Ortodoxa a nuestro pueblo y nuestras Iglesias?

--La Iglesia Ortodoxa ofrece espiritualidad, cuyas raíces se encuentran en la mística, la lectura de los Santos Padres, su práctica ascética, el sentido de lo sagrado y, sobre todo,, su liturgia, refugio de paz en estos tiempos de prisa y agitación. La enfermedad ha golpeado a la sociedad occidental y oriental. La espiritualidad es la clave de la nueva evangelización, pero debe huir de toda mentalidad clientelista, la mentalidad de hacer todo para llenar la casa. Mejor pocos convencidos que una “masa” indiferente.

--Esa evangelización es parte integrante de la misión del cristianismo y esta naciόn necesita de una constante acción evangelizadora. ¿Cómo se compromete su Iglesia a esta urgente tarea?

--Volvemos a lo mismo: hacer comprender al mundo que fuera de Cristo y del Evangelio sόlo hay perdición. Con los pocos medios que cuenta la Iglesia Ortodoxa buscamos que nuestros fieles conserven la fe de sus padres y den testimonio de Cristo en su vida litúrgica y comunitaria. Este mensaje también lo quiero transmitir a los hermanos católicos, protestantes o anglicanos, por que la enfermedad común a todos nos alcanza: es la indiferencia.

--¿Será entonces precisa una acción común?

--Es necesaria esa acción común, no cerrarnos en nuestros muros confesionales, volver al primer milenio, cuando oriente y occidente poseían el mismo tesoro de fe, intercambiar los carismas sin confusión ni sincretismo.

Buscaré contactos ecuménicos, aunque sea por propia iniciativa

--Recordamos las palabras de Su Eminencia en la homilía de su entronización “el cultivo de las relaciones... con los hermanos de otras Iglesias cristianas y las otras confesiones para promover el espíritu ecuménico y el diálogo y así conseguir la coexistencia pacífica...”. ¿Ha comenzado Su Eminencia algunas de esas relaciones con la Iglesia católica en España o tal vez con alguna Iglesia o comunidad evangélica?

--Busco con todo mi esfuerzo establecer estas relaciones con la Iglesia católica y nuestros hermanos protestantes y anglicanos, así también con el judaísmo y el Islam.

El Metropolita Policarpo cuenta con una considerable experiencia en estas relaciones inter-confesionales por su estancia de casi 20 años en Italia, con importantes cargos, como el de Vicario General. Sin duda, podrá poner en práctica en España, con sus connotaciones especiales, las buenas relaciones inter-confesionales vividas en la naciόn italiana.

--Guardo gratísimo recuerdo –subraya el Metropolita Policarpo- de mi experiencia en Italia, durante 19 años, dos como becario de la Santa Sede y 17 años como Vicario General de nuestra diócesis de Italia y Malta.

--¿Cómo ve ahora el ecumenismo en España?

--He podido constatar que, al menos en ciertas situaciones, el clima ecuménico en España no es el mismo que en Italia, no obstante buscaré desarrollar esos contactos aunque sea por propia iniciativa, sobre todo en el ámbito local, en la seguridad de que una vez iniciadas las relaciones con las Jerarquías dará comienzo un proceso de colaboración necesario entre todos aquellos que tenemos a Cristo como Señor.

--¿Colabora la Iglesia católica en España en la atención a necesidades de su Iglesia?

--Estoy muy agradecido a la Iglesia católica en España y Portugal que nos facilitan lugares de culto, particularmente a nuestras parroquias ucranianas y permiten la debida asistencia espiritual a nuestros feligreses. Hasta ahora mis contactos con la Jerarquía católica y los hermanos protestantes ha sido en el ámbito personal. Mi deseo sería elevar este contacto a nivel institucional.

--A su entronización asistió un representante de la Iglesia católica, uno de los obispos auxiliares de Madrid. ¿Supuso un punto de partida para las relaciones ortodoxo-católicas entre nosotros?

--Considero la presencia de Mons. Fidel Herráez en la ceremonia de mi entronización como algo muy positivo para las relaciones católico-ortodoxas, comenzando por Madrid. Antes de tomar posesión de mi Cátedra y como señal de respeto a la Iglesia Católica, especialmente a la que coincide con el territorio canónico de mi Sede, envié una carta personal comunicando mi elección, consagración y entronización, rogando al arzobispo de Madrid sus oraciones, su bendición como hermano mayor en el episcopado y su apoyo. Paralelamente pedí al Fanar (la Sede del  Patriarcado Ecuménico) y al Vaticano que comunicaran estos actos. El Patriarca envió al cardenal Rouco una carta bellísima. También el Secretariado para la Unidad de los Cristianos me prometió enviar otra carta de apoyo que, tal como me habían asegurado sus dirigentes, me consideraban uno de ellos, como becario que fui y con quienes guardo todavía amistades personales.

--Todos esos años en Italia le aportaron, sin duda, experiencia ecuménica.

--Considero mis estudios en Roma y mis servicios sacerdotales como un enriquecimiento, no sόlo en el campo ecuménico, sino también en el personal y pastoral. Tuve la suerte de encontrarme entre los Fundadores y Presidentes del primer Consejo Local de las Iglesias Cristianas de Italia, en Venecia, y entre los estrechos colaboradores de las Convenciones Ecuménicas Nacionales italianas que se organizaban cada tres o cuatro años entre la Conferencia Episcopal Italiana, la Federación de las Iglesias Evangélicas en Italia y la Iglesia Ortodoxa, teniendo como modelo las Asambleas Europeas.

--¿Qué diferencia ha hallado Vuestra Eminencia con la manera de vivir el ecumenismo en España?

--he constatado en estos meses que las actividades ecuménicas no tienen tanto desarrollo como en Italia, pero estoy convencido de que, cuanto existe a nivel popular, alcanzará también en nivel institucional. Con el tiempo alcanzaremos la cota más alta, empezando por lo local, hasta el nacional y combatiremos lo que, como indiqué antes, decía el gran profeta del ecumenismo, el Patriarca Atenágoras: “No podemos ignorarnos los unos a los otros”.

--¿Qué diría desde estas líneas a los fieles ortodoxos en España con respecto a su testimonio cristiano y a la práctica del ecumenismo, y qué diría a los católicos y a los miembros de Iglesias protestantes en esta naciόn?

--A todos, de cualquier confesión, que conserven su fe en Cristo, seguros de que Él es el único salvador del mundo, el único que tiene las respuestas a todos los problemas del mundo actual. Que esta fe salvífica se practique en la Iglesia como dice un gran Padre común de la Iglesia en Occidente, San Cipriano de Cartago: “Fuera de la Iglesia no hay salvación” y como también agrega otro santo Padre común del Oriente, San Juan Crisóstomo, del cual durante el 2007 hemos celebrado los 1600 años de su dormición: “La Iglesia es el único hospital en el que, cuando se entra se sale curado”. Jesucristo no ha fundado ninguna religión, ha fundado la Iglesia, y los que nos llamamos cristianos, hemos de tener el coraje de reconocer cuando estamos enfermos y usar los medios terapéuticos de la Iglesia Una, Santa, Católica y Apostólica.

COLOQUIO DE SU EMINENCIA RVDMA. POLICARPO, METROPOLITA ORTODOXO DE ESPAÑA Y PORTUGAL CON D. JOSÉ LUIS DÍEZ MORENO, DIRECTOR DE LA REVISTA “PASTORAL ECUMÉNICA” (MAYO-AGOSTO 2008, VOL. XXV, N° 74, PP. 80-85) DEL CENTRO ECUMÉNICO “MISIONERAS DE LA UNIDAD” (MADRID)

lunes, 26 de mayo de 2008

Palabras de S.E. Policarpo en la instalación de Mons. Timoteo



Excelentísimo y Reverendísimo Hermano en Cristo, Monseñor Timotei, Hristos a înviat!
Hoy es Pentecostés para la Iglesia Ortodoxa, universal y local ibérica, porque, exactamente, cada ordenación episcopal, según la tradición litúrgica ortodoxa, es un Pentecostés.
La alegría y la emoción por esta ordenación episcopal aumentan porque se celebra el Domingo de la Samaritana. Cristo en su diálogo con la mujer Samaritana habla del agua de la vida eterna que Él posee. El pozo que contiene esta agua es la Iglesia y la tarea que tenemos como Pastores es dar al pueblo de esta agua: el agua de la salvación, que como dice un gran Padre de la Iglesia, San Cipriano de Cartago, “fuera de la Iglesia no hay salvación”. San Juan Crisóstomo, Arzobispo de Constantinopla, dice que la Iglesia es un gran hospital y la diferencia con otros hospitales es que quién entra en el hospital de la Iglesia queda sanado, porque Cristo-Médico da el agua de la vida, al contrario de la vida eterna.
Este misterio de la vida eterna lo hemos vivido hoy en tu ordenación episcopal durante la Divina Liturgia del Domingo de la Samaritana.
Para mi es una feliz coincidencia, Excelentísimo Hermano, que también fuera yo ordenado el Domingo de la Samaritana en Constantinopla. Yo en Constantinopla, tú en Alcalá de Henares, el mismo misterio independientemente del lugar, como dice Cristo en el Evangelio de hoy.
Mi presencia en este importantísimo acto de toda la Iglesia Ortodoxa en la Península Ibérica y sus Islas tiene dos significados: primero, transmitirte a ti y a todo el clero y rebaño ortodoxo rumano los fraternales saludos, los deseos sinceros y la cordial felicitación de la Madre Iglesia del pueblo rumano, del Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, de Su Santidad el Patriarca Ecuménico Bartolomé I, así como las mías personales y del clero y pueblo de la Sacra Metrópolis Ortodoxa de España y Portugal. Todas ellas junto a las del Beatísimo Patriarca Daniel, de tu Eminentísimo Metropolita Josif, querido y venerado Hermano, conocido desde los tiempos de mi servicio sacerdotal en Italia y de los otros Hermanos en el episcopado presentes aquí. Te aseguro mi proximidad y mi colaboración fraterna para el bien de toda la Iglesia Ortodoxa en Iberia y de todos los fieles ortodoxos ibéricos independientemente de su origen étnico.
Segundo, mostrar “a los nuestros y a los demás”, que la Ortodoxia es una, porque Cristo es uno y el pozo y el agua de la vida eterna es el mismo. No existe un pozo griego y otro rumano; uno ruso y otro serbio; uno ucraniano y otro búlgaro; europeo o africano; americano o asiático. Sólo hay un único y mismo pozo y una sola agua de la vida eterna. Esto vale, sobretodo, para aquella parte de la Iglesia Ortodoxa que se encuentra fuera de sus territorios eclesiásticos tradicionales, en nuestro caso, en España y Portugal, donde existe una masiva presencia ortodoxa y nuestros fieles trabajan duramente para la prosperidad de estos dos nobles y cultos países.
Excelentísimo Hermano, tenemos un especial deber en el actual mundo occidental, aquejado, más que en Oriente, de la gran enfermedad de la secularización e indiferencia y de carestía espiritual. La Iglesia de Cristo posee el pozo y en colaboración con nuestros hermanos cristianos de Occidente, católicos y protestantes, saquemos para el mundo el agua de salvación de este pozo divino.
Bienvenido, Excelentísimo Hermano, de la otra parte de los Pirineos. Te deseo un fructífero ejercicio pastoral y una vida llena de salud, prosperidad espiritual e iluminación de la Luz inextinguible del Vencedor de la muerte y la corrupción, Jesucristo gloriosamente resucitado, para el bien de toda la Iglesia Ortodoxa, de la cual, hoy, eres parte, oficialmente, como Obispo y Pastor.
De parte de nuestra común Madre Iglesia, del Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, recibe este encolpion símbolo del buen corazón que debe tener siempre el Pastor.
Ἂξιος!
Χριστός Ἀνέστη! Христос воскресе! Hristos a înviat! ¡Cristo ha resucitado!
Εἰς πολλά ἒτη Δέσποτα! Ad multos annos! La mulți ani!
Fuente: Arzobispado Ortodoxo de España y Portugal (Patriarcado Ecuménico)
Fotografía de Mons. Timoteo: (c) Oana Robu Photography

jueves, 1 de mayo de 2008

Entrevista de S.E. Policarpo para ‘Ciudad Nueva’


Durante muchos años el ecumenismo ha transcurrido por los caminos de la tolerancia, el cese de polémicas, el respeto mutuo, el diálogo... ¿Cuáles serán los siguientes pasos?

- Para el ecumenismo han sido muy útiles el diálogo y el conocimiento recíproco, la tolerancia, el cese de polémicas y el enriquecimiento mutuo. Pero como corriente dentro la Iglesia todavía tendrá una misión más elevada: ayudar a los pastores y a los fieles a entrar en una nueva fase de diálogo. Mientras que la primera fase (1979-2006) se ocupó de examinar las cosas que nos unían, esta nueva etapa, que comienza con el encuentro de Rávena, quiere examinar las cuestiones que separan a las Iglesias, especialmente en temas de eclesiología. Se necesita mucha, continua y fervorosa plegaria para que todos, especialmente los responsables, obtengamos la iluminación divina.

- En esa reunión de Rávena, así como en el encuentro a puerta cerrada de Benedicto XVI con 143 cardenales, se debatió sobre la plena comunión de las Iglesias Católica y ortodoxas. ¿Qué significado da usted a estos eventos?

- En Rávena tuvo lugar, entre el 8 y el 15 de octubre de 2007, la X Asamblea Plenaria de la Comisión Mixta del Diálogo Teológico entre las Iglesias Católico-Romana y Ortodoxa. En esta reunión se completó el estudio comenzado el año anterior en Belgrado. El documento final aprobado por todos es muy importante, porque católicos y ortodoxos acuerdan constituir una plataforma teológica y eclesiológica común sobre al primado del obispo de Roma. Se decidió hacer un examen histórico-teológico de este primado durante el primer milenio, y este estudio histórico-teológico será analizado por periodos concretos. La primera sub-comisión se ha reunido a mediados de febrero en Roma. El examen durará cuatro años y el objetivo es aclarar si este primado es de honor o de poder.

El encuentro de Rávena ha sido muy positivo por cuanto católicos y ortodoxos han constatado juntos que, a lo largo de la historia de la Iglesia, y en tres niveles, local (diócesis), regional (metrópolis, patriarcado) y universal, hay siempre un “primus”, es decir, alguien que tiene una función particular; y no hay duda de que a nivel universal este primado lo ha ejercido el obispo de Roma. Sobre esto no hay duda; pero, como dije antes, es necesario estudiar cómo se ha ejercido ese primado en la historia. En esta nueva fase del diálogo se estudiará la figura y el papel especial del obispo de Roma en la Iglesia universal, que, como se sabe, es un punto crucial que divide la eclesiología de las dos Iglesias.

Por lo que respecta al encuentro a puerta cerrada del Papa con los cardenales, lo único que puedo decir de manera oficiosa, puesto que se trataba de un encuentro privado, es que el Papa ha insistido mucho en el tema de la unión con la Iglesia Ortodoxa, pues, como gran teólogo que es, ve más posibilidades en la unidad con la Ortodoxia, y seguramente pidió a los cardenales su colaboración en el tema.

Para concluir, quiero subrayar que el nuevo clima positivo del diálogo teológico entre las dos Iglesias, tras años de frialdad y cerrazón, y por lo que respecta a la Iglesia Ortodoxa, se debe al esfuerzo del Patriarcado Ecuménico de Constantinopla y personalmente a Su Santidad el Patriarca Ecuménico Bartolomé I.

- ¿Cómo debe prepararse el pueblo llano para asimilar los posibles acuerdos a los que puedan llegar los responsables de ambas Iglesias?

- Antes que nada deben asimilar estos posibles acuerdos los pastores, obispos y presbíteros de las dos Iglesia y hacerse predicadores ante sus propios fieles. Si los pastores no saben o no quieren asimilar, cómo lo asimilará el rebaño! Éste es  el punto central. La unidad de los cristianos hay que asumirla como una tarea propia e individual, y estoy seguro de que con la ayuda del Espíritu Santo, con la oración continua y fervorosa, esta cuestión se convertirá en algo propio del pueblo. Después, la asimilación se dará por sí sola.

- La experiencia de los Focolares en el campo ecuménico nos dice que la amistad entre miembros de distintas Iglesias suscita un conocimiento mutuo y una mayor colaboración. ¿Qué opina al respecto?

- Conozco el Movimiento de los Focolares desde que llegué a Roma como becario de la Santa Sede, allá por 1988. Una tarde del otoño de aquel año, mi Mentor, el actual Patriarca Ecuménico Bartolomé, me llevó al Centro Uno, por Piazza Navona, para conocer a sus responsables, las queridísimas Gabriela y Johanna. Me produjo una profunda impresión su agradable y amigable comportamiento. Después, durante los diecisiete años de servicio sacerdotal en Italia, he conocido aún mejor el Movimiento Focolar en todo el país, especialmente en el Véneto y Roma. He constatado que la clase de amistad que practican los Focolares en el campo ecuménico es la única y verdadera clave que puede abrir puertas cerradas durante siglos.

Un gran pionero del Ecumenismo, el inolvidable Patriarca Ecuménico Atenágoras, que tenía tanta amistad personal con Chiara Lubich que incluso la llamaba con el nombre de Isapóstola Tecla, decía convencido que la verdadera causa del cisma había sido el “ignorarse mutuamente” y “la falta de mirarse a los ojos unos a otros”. Este distanciamiento, este ignorarse durante siglos, ha sido la causa de crearse ideas propias los unos sobre los otros que no correspondían a la realidad, con la consecuencia dolorosa de defender a cualquier precio, incluso con la guerra, los muros confesionales. Por el contrario, cuando dos personas se encuentran y uno mira al otro a los ojos es natural establecer un conocimiento recíproco, un diálogo, una colaboración, y se da una amistad no superficial, sino del tipo que los antiguos griegos y los Padres de la Iglesia atribuían al término “amistad”, usando el verbo “filó”, y no el verbo “agapó”, pues este último incluye cierta carga de sentimentalismo. El prototipo de la verdadera amistad y del verdadero amor los Santos Padres lo identifican con el amor que une a las tres Personas de la Santísima Trinidad.

Saludo a los queridos amigos Focolares de España y Portugal. Estoy convencido de que se distinguen por su amistad verdadera con todos los cristianos y con todos los hombres de buena voluntad y les deseo que mantengan siempre encendido el “Focus Lare” de su alma para convertirse en fervientes trabajadores de la unidad e “isapóstoles”, como lo fue su Fundadora, Chiara Lubich.

Mayo de 2008, nº 453, año L

domingo, 2 de marzo de 2008

Ponencia de S.E. Policarpo en las XI Jornadas Agustinianas


‘Ortodoxia y diálogo interreligioso’

Reverendísimos Padres y Pastores, queridos hermanos y hermanas:

Con gran alegría participo en las XI Jornadas Agustinianas con el tema: “Yo te bautizo en el nombre del Padre, y del Hijo y del Espíritu Santo; Diálogo Ecuménico e Inter-religioso”, con ocasión del 525° aniversario del nacimiento de Martín Lutero, para hablaros sobre el importante argumento: “Ortodoxia y Diálogo Inter-religioso”. Como es conocido represento a la Santa Iglesia Ortodoxa y especialmente al Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, que es la Madre Iglesia y la Iglesia Primada de todo el mundo cristiano ortodoxo. Hablaré más bien sobre el tema: “Patriarcado Ecuménico y Diálogo Inter-religioso”, visto que la Gran Iglesia de Constantinopla es la que ha desarrollado mejor y promueve fervorosamente este diálogo. Y es obvio que este diálogo concierne bastante a nuestros comunes hermanos: el Islam y el Judaísmo. Los cristianos ortodoxos convivimos desde hace muchos siglos en los países del Medio Oriente, de la Península Balcánica y de Asia Central con los musulmanes principalmente, pero también con los judíos. Esto les ha permitido a los fieles miembros de las tres religiones abrahámicas conocerse recíprocamente, al menos a nivel elemental. Naturalmente los conocimientos que tiene el ciudadano medio sobre la religión de los próximos no están claros, porque el hombre medio no conoce en el fondo ni siquiera su misma religión. Pero el hombre fue enriquecido por su Creador con la capacidad de la palabra, del logos y la palabra sin diálogo cumple sólo la mitad de su misión.

El Patriarcado Ecuménico, teniendo a la vista que el diálogo, el sereno y correcto, constituye la piedra fundamental para la pacífica convivencia de todos los hombres ha inaugurado una serie de diálogos con nuestros hermanos musulmanes y judíos, que son llamados “diálogos académicos”, porque diálogo teológico existe entre los cristianos y no con los no cristianos.

La necesidad del diálogo como método de solucionar los contrastes y los problemas inter-humanos en cada sector de la vida humana ha constituido la evidente situación actual de la humanidad. El desarrollo de los medios de comunicación y los medios de movimiento de los hombres como también la inmigración masiva de hombres de una religión a las tierras habitadas por hombres de otra religión ha constituido en la base de las poblaciones de facto una situación de convivencia y un primer diálogo inmediato. De este modo este diálogo oficioso a nivel personal entre los pertenecientes a estas tres grandes religiones de una parte y los encuentros internacionales de alto nivel de otra parte han preparado los espíritus para otro diálogo oficial a nivel de jefes espirituales y personalidades académicas de las religiones para la explicación de muchas cosas malentendidas, de modo que la diversidad religiosa no se convierte en obstáculo a la pacífica convivencia y la pacífica colaboración.

El diálogo es consecuencia de la conversación, de la igualdad y consideración recíproca entre los dialogantes. Cuando no existe la igualdad la palabra, el logos, se convierte en mando si es pronunciada por el superior al inferior o en súplica, alabanza o halago cuando quien lo pronuncia es el inferior al superior. Cuando la relación por la palabra entre los comunicantes es relación de contraste, la palabra se convierte en anti logos. En este caso se trata de una lucha espiritual con el objetivo de una victoria lógica del uno sobre el otro, y en este caso no ha servido para nada el diálogo. Cuando quien se dirige a otro no desea recibir nada por ello, sólo hablar, entonces se encuentra ante un monólogo. El verdadero diálogo es un regalo de Dios al hombre. El mismo Dios dialoga continuamente con el hombre. La misma historia de la salvación es como un continuo diálogo entre Dios y hombre, dice San Juan Crisóstomo, Arzobispo de Constantinopla. Dios habla por sus profetas, sus apóstoles y sus criaturas. Los cielos cantan la gloria de Dios, grita el sagrado salmista y feliz es el que puede escuchar y comprender las palabras silenciosas de los seres. El diálogo, que es tan útil hasta ser usado por el mismo Dios dirigiéndose de muchos modos al hombre y escuchándole éstos se dirigen a Él con la oración, es muy necesario y útil para las relaciones interhumanas. La vida sería imposible sin el diálogo. Con el diálogo la madre se comunica con sus hijos, los instruye, participa en su alegría y en su dolor, los consuela, los corrige, escucha sus dificultades y los ayuda a su camino hacia la madurez. Con el diálogo el maestro cultiva el conocimiento, el predicador de la fe catequiza, soluciona las dudas, recibe los pensamientos, edifica al fiel. El diálogo promueve la ciencia, abre horizontes, transmite sentimientos, cambia las posiciones, revela verdades, refuerza enlaces, valoriza al hombre. La palabra, el logos es justificada cuando tiene respuesta y la respuesta a la palabra es el diálogo. La palabra de Dios y la palabra de los hombres que responden a ella, constituye un bonito prototipo de diálogo. Quien rechaza el diálogo permanece para siempre espiritualmente pobre. Tiene la falsa sensación de la autosuficiencia o el miedo de la inseguridad. Sólo mira con sus ojos y rechaza enriquecerse con lo que han visto los ojos de los otros. Sólo escucha con sus oídos y rechaza escuchar lo que han escuchado los oídos de los otros. Si empieza a caminar en una calle equivocada, no cambia de dirección porque no habla con quien puede indicarle la justa. El diálogo es útil y seguro porque no anula la responsabilidad de la decisión de cada uno de los dialogantes. El diálogo no pone en peligro la percepción del dialogante para no cambiar contra su voluntad, si no cuando él mismo se sienta más iluminado.

El verdadero diálogo crea la búsqueda más profunda y el comportamiento amigable, que conducen al cese de la controversia. El gran poeta árabe Jalaluntín Rumí, hace siglos escribió en su poema “La disputa religiosa”: “Los ciegos religiosos permanecen en la duda, mientras que los que se reconocen en una y en otra parte quedan firmes en sus posiciones. Cada parte está contenta con la propia calle. Sólo el amor puede parar su disputa. El amor viene como ayuda cuando pides ayuda contra sus posiciones”. Y el amor nace del diálogo. No se pueden enamorar dos personas que, encontrándose, no dialogan.

El Patriarcado Ecuménico teniendo a la vista que el diálogo entre los fieles de las varias religiones y sobretodo de las tres religiones abrahámicas monoteístas, no tiene dudas de lo útil y necesario, especialmente en los tiempos  apocalípticos en que vivimos, se ha puesto a trabajar promoviendo el diálogo inter-religioso de cuatro modos: 1). Por los diálogos llamados “académicos” con el Islam y el Judaísmo. 2). Con la organización de congresos inter-religiosos internacionales comunes, cristianos, musulmanes, hebreos. 3). Con la organización de congresos inter-religiosos internacionales ecológicos. 4). Participando calurosamente en cada actividad internacional inter-religiosa organizada por un tercero. En este ámbito no deben ser olvidadas las visitas oficiales de Su Santidad el Patriarca Ecuménico en países, por ejemplo, mayoritariamente islámicos o en Organizaciones Internacionales hebreas.

A. Por cuanto concierne a los encuentros académicos entre Ortodoxia e Islam han sido organizados hasta ahora once (11) encuentros:

1. “Autoridad y religión en la tradición de las dos religiones y en la realidad actual”, Ginebra, noviembre de 1986;
2. “Modelos de coexistencia histórica entre cristianos y musulmanes y perspectivas futuras”, Amman, noviembre de 1987;
3. “Paz y justicia en la tradición de las dos religiones monoteístas”, Ginebra, diciembre de 1988;
4. “El pluralismo religioso”, Constantinopla, septiembre de 1989;
5. “Los jóvenes y los principios de la moderación”, Amman, julio de 1993;
6. “La educación para la comprensión y la colaboración”, Atenas, septiembre de 1994.
7. “El sistema educativo en el Islam y en el Cristianismo”, Amman, junio de 1996;
8. “Perspectivas de colaboración entre cristianos y musulmanes en la víspera del siglo nuevo”, Constantinopla, junio de 1997;
9. “Musulmanes y cristianos en la sociedad moderna; imágenes de los otros y la importancia de los derechos civiles comunes”, Amman, noviembre de 1998;
10. “Principios de coexistencia pacífica”, Bahréin, octubre de 2002;
11. “El fenómeno de la globalización y secularización en la humanidad moderna”, Atenas, noviembre de 2006.

B. Los temas de los “encuentros académicos” entre cristianos ortodoxos y judíos han sido:

1. “La Ley en la percepción cristiana ortodoxa y judía”, Lucerna (Suiza), marzo de 1977;
2. “Tradición y comunidad en el Judaísmo y en la Iglesia Ortodoxa”, Bucarest (Rumanía), octubre de 1979;
3. “Continuidad y renovación”, Atenas, marzo de 1993;
4. “Encuentro de la Ortodoxia y del Judaísmo con la modernidad”, Israel, diciembre de 1998;
5. “Fidelidad a nuestras raíces: compromiso común por la paz y la justicia”, Tesalónica, junio de 2003.

C. Los Encuentros inter-religiosos e internacionales comunes (cristianos, musulmanes y hebreos) tenían como temas:

1. “Paz y tolerancia”, Constantinopla, junio de 1994. Este Congreso ha quedado en la historia como la “Declaración común del Bósforo”, según la cual “cada crimen cometido en nombre de la religión constituye un crimen contra la religión”;
2. “La paz de Dios en el mundo”, Bruselas, diciembre de 2001;
3. “El espíritu olímpico y la religión”, Atenas, septiembre de 2004.

D. Congresos Inter-religiosos Ecológicos. Hasta ahora han sido organizados siete (7) Congresos internacionales ecológicos, bajo el título general: “Religión, Ciencia y Entorno natural”, todos de carácter inter-religioso. Estos congresos, organizados en común por el Patriarcado Ecuménico y la Comisión de la Unión Europea han tenido lugar todos en un barco y son los siguientes:

1. El 1995 relativo a la salvaguardia del Mar Egeo (Grecia, Turquía);
2. El 1997 relativo a la salvaguardia del Mar Negro (Bulgaria, Rumanía, Ucrania, Rusia, Georgia, Turquía);
3. El 1999 poco después de los bombardeos sobre Serbia el concerniente a la salvaguardia del Rio Danubio (Alemania, Austria, Hungría, Serbia, Bulgaria, Rumanía);
4. El 2002 relativo a la salvaguardia del Mar Adriático (Albania, Montenegro, Croacia, Eslovenia, Italia);
5. El 2003 relativo a la salvaguardia del Mar Báltico (Polonia, Lituania, Letonia, Estonia, Finlandia, Suecia);
6. El 2006 relativo a la salvaguardia del Rio Amazonas (Brasil);
7. El 2007 relativo a la salvaguardia del Polo Norte (Groenlandia).

E. Participación activa en cada iniciativa internacional inter-religiosa organizada por terceros.

Se trata de congresos organizados pos otras Iglesias, sean ortodoxas o heterodoxas, y grandes Organismos internacionales. Congresos de este tipo, con la activa participación del Patriarcado Ecuménico, han sido organizados en el curso de los últimos años por las Iglesias Ortodoxas de Rusia, Rumanía, Grecia y Chipre, de la Santa Sede (por ejemplo Asís, Italia, 2003), de la Comunidad de Sant’ Egidio (cada año en recuerdo de la primera convocatoria inter-religiosa de oración por la paz en 1986 en Asís con el Papa Juan Pablo II), del Movimiento de los Focolares, de Grandes Organismos Internacionales como la UNESCO, las Naciones Unidas, la Sociedad Mundial Islámica, la Unión Europea, el Organismo hebreo “Respeto y Tolerancia” de Nueva York etc., como también de muchos países como Estados Unidos de América, Rusia, Grecia, Italia, Francia y Kazajistán. Además en este ámbito hay que mencionar las visitas oficiales de Su Santidad el Patriarca Ecuménico Bartolomeo I a algunos Estados puramente islámicos: Bahréin, Qatar, Irán, Libia, Azerbaiyán, Kazajistán bajo invitación oficial de parte del Gobierno de estos estados. Durante esas visitas oficiales el Patriarca Ecuménico ha tenido muchas conferencias y conversaciones sobre el diálogo inter-religioso y son firmados acuerdos de colaboración común en cuanto concierne a los sectores de la cultura, educación, ecología y el estudio del fenómeno de la secularización. Principal tema de estos encuentros, congresos y visitas fue la paz con la contribución común de las religiones. Como también se ve por la temática de dichos encuentros académicos entre Ortodoxia e Islam y Ortodoxia y Judaísmo el objetivo principal es el conocimiento recíproco y la comprensión recíproca, fruto de los cuales es la desaparición de los prejuicios y de los malentendidos, que se basan en la ignorancia o el poco conocimiento. Se estudian temas relativos a la convivencia social y no de teología, pero sin descuidar los presupuestos teológicos percibidos por cada parte.

El ámbito de la religión a pesar de su absolutismo - que en gran medida se encuentra en cada fe religiosa - necesita del diálogo, porque el conocimiento de la otra religión ayuda a la comprensión mejor de la propia. La mejor comprensión de nuestra y las otras religiones nos ayuda a comprender mejor lo que Dios pregunta al hombre y lo que eventualmente de humano o de equivocado existe en nuestras percepciones. Naturalmente para un simple fiel hacer comparaciones de esto tipo es un trabajo muy difícil, porque no tiene ni los conocimientos adecuados ni el necesario discernimiento. Eso necesita un conocimiento especial sobre las religiones y sobre todo experiencia espiritual. Por tanto, de momento, los diálogos inter-religiosos se hacen entre los altos dirigentes de cada religión. De este modo se evita la sospecha, las conversaciones se mantienen a alto nivel y el miedo de abandono de algunos creyentes de la propia fe por influencia del interlocutor de la otra religión se evita. Decimos eso porque el simple fiel que tiene pocos conocimientos, además de no estar capacitado para participar en un diálogo inter-religioso, sospecha de cuantos participan dudando de su sinceridad o de su firmeza en la fe de la propia religión. Por tanto insistimos categóricamente que los diálogos inter-religiosos no se realizan para asociarse los unos a los miembros de la otra religión ni para convencerles que su fe es la más justa. Se realizan para dejar el odio, para alcanzar la comprensión recíproca y para dar la seguridad que ambos lados desean el respeto de la identidad propia, de la preferencia religiosa y de las raíces culturales de cada uno.

A una más profunda comprensión recíproca, que aleje los conflictos y establezca la paz social, la colaboración y el progreso, puede ayudar decisivamente el diálogo cuando no se una la fuerza y la imposición. Más diálogo significa más paz, más progreso, más felicidad. Más sincero diálogo significa más sabiduría y conocimiento que es más preciosa que la riqueza y la fuerza natural. Sobre todo, un diálogo cordial que se realiza con respeto a la persona y a la fe del otro, cultiva la amistad y la familiaridad y provoca aquella relación que permite alojar el amor que funciona como pacificador en todos los casos de provocaciones irritantes por cualquier motivo.

En el siglo XIV d.C. tuvo lugar un diálogo entre el gran teólogo místico cristiano, San Gregorio Palamás, Arzobispo de Tesalónica, e ilustres exponentes del Islam. Naturalmente, no se pusieron de acuerdo, pero uno de los representantes del Islam dijo que tiempo vendrá en que existirá entre los fieles de las dos religiones la comprensión recíproca. Con esta afirmación estuvo de acuerdo San Gregorio Palamás y deseó que este tiempo viniera pronto. Podemos desear hoy que este tiempo sea el tiempo de nuestros días. Deseamos y rogamos para que los diálogos ya empezados se vuelvan más amplios, la comprensión recíproca crezca de más en más, que reine la convivencia pacífica de todos los hombres independientemente de etnia, lengua, religión y otra diversidad y la colaboración pacífica dará como buen fruto el establecimiento de la paz que tanto desea Dios.

Os doy las gracias por vuestra atención y espero haber satisfecho vuestras esperanzas.

lunes, 1 de octubre de 2007

Divina Liturgia en Las Palmas de Gran Canaria


La comunidad ortodoxa pudo disfrutar ayer de la celebración de una misa en la iglesia del Espíritu Santo de Vegueta. Para esta ceremonia contó con la presencia del arcipreste Dimitri Tsiamparlis, que es además vicario general del Arzobispado Ortodoxo Griego de España y Portugal, perteneciente al Patriarcado Ecuménico de Constantinopla, venido especialmente de Madrid para oficiar el acto religioso. Al culminar la liturgia, que duró poco más de una hora, el padre realizó también un bautizo.

Tras cinco años de su última visita a Gran Canaria, el padre se mostró muy contento de poder celebrar nuevamente una misa en la isla, aunque los fieles no han tardado tanto tiempo en poder asistir a una celebración porque cada dos meses un sacerdote de la Península se traslada hasta aquí para oficiarla. El padre Dimitri, que es también deán de la catedral ortodoxa en Madrid, casó a Alexia de Grecia con el canario Carlos Morales y, además, bautizó a dos de sus hijos, uno de ellos en Lanzarote y el otro en Barcelona.

La misa de la fe ortodoxa tiene algunas similitudes con la católica pero también tiene bastantes diferencias. El sacerdote oficia la celebración, en su mayor parte, de espaldas a los fieles. Además, debido a que esta religión la profesan griegos, rusos, ucranianos y rumanos, se dice en varios idiomas para que todos puedan participar de ella.

El padre Dimitri calcula que en España hay alrededor de un millón de fieles que practican esta religión, cifras que en Canarias no se pueden conocer ya que están muy disgregados. Hace varios años muchas familias griegas que se dedicaban al sector de la peletería formaban un nutrido grupo que acudía regularmente a misa. Sin embargo, la mayoría ya se han marchado tras reducirse considerablemente la actividad en este sector y la práctica de esta religión en la Isla se ha visto mermada.

En los últimos tiempos está empezando a resurgir y durante el mes de agosto el Patriarcado de Moscú realizó dos bautismos, además de misa, oficiado por el padre Yusif. También se empezó a editar un boletín en la capital grancanaria llamado Ven y mira, con el objetivo de compartir entre los fieles ideas sobre la ortodoxia.